La notizia della
morte del mio maestro, Sri B.K.S. Iyengar, mi ha raggiunto nelle prime
ore del mattino del 20 agosto. Il leone di Pune è morto.
Tuttavia
non c'è stata tristezza, ho sentito invece una profonda nostalgia:
nostalgia per quel vento di libertà che spirava e si incarnava nella sua
presenza.
"Una volta, qualcuno ha detto che il silenzio che seguì a Mozart era sempre Mozart.
D’un tratto, nell'assenza della sua forma, la sua presenza è divenuta
ancor più evidente, radiosa, disperdendo le nubi del dubbio per lasciare
il posto alla meraviglia e alla gratitudine.
Come non essere colmi
di meraviglia al cospetto del gioco della Coscienza, incarnata nella
storia di una leggenda che ha inizio quasi come una fiaba?
Fu quel
bambino gracile, malaticcio, dall'istruzione modesta, senza nessun
futuro, ad essere scelto dagli dei per far sì che lo Yoga potesse essere
nuovamente rivelato, che potesse illuminare l’Occidente, e che
potesse infine riconquistare nobiltà nel suo Paese d'origine.
Quali formidabili tempeste, ostacoli, opposizioni, disapprovazioni, umiliazioni ha dovuto incontrare e superare!
Le pratiche yogiche avevano un passato malvagio. Molto spesso proibite e
clandestine, si rivolgevano ai rinuncianti, coloro che fuggivano il
mondo: lo Yoga era assimilato ai fachiri e ad altri vagabondi folli, ai
reietti della società.
Quanto ai pandit, essi non si interessavano
che all'approccio filosofico, intellettuale, che sovente li portava alla
negazione del mondo e del corpo stesso.
Quanta credibilità poteva dunque avere un uomo sposato che praticava quelle che sembravano essere contorsioni?
Il rapporto con il suo guru Krishnamacharya fu tormentato ed improntato
di paura. Con lui non rimase che due anni, durante i quali questi non
gli insegnò praticamente nulla, ripetendogli che proprio non era
tagliato per quest'arte.
Dalla terribile tensione provocata dal non
ricevere alcun riconoscimento dal suo maestro e dall'essere rifiutato
dalla società si sprigionò quella luce che avrebbe illuminato il mondo
dello Yoga tutto.
Quanta profonda solitudine deve aver conosciuto
quando, ancor giovanissimo e senza nessuna esperienza né conoscenza, si
ritrovò a Pune, a dover insegnare.
Nella tradizione si parla di due tipi di guru: Il primo, formato dai rituali, dalle iniziazioni, dall'accumulo delle conoscenze che trasmette; l'altro, che non è formato convenzionalmente (akalpitaguru), ma che è invece iniziato dalle divinità della propria Coscienza, e risuona di autorità del tutto spontaneamente.
Ed è questo che, a mio parere, caratterizza l'insegnamento di B.K.S. Iyengar: questa perpetua iniziazione a se stesso. Diceva che la pratica era il suo mantra: un mantra che ha declamato maestosamente fino alla fine della sua vita. La sua esplorazione era costante, al di fuori dei sentieri battuti, ciò che gli ha conferito quella libertà innovatrice che ha rivoluzionato l'approccio dello yoga.
Eccone qualche aspetto:
1. Il corpo come mandala
<< Il corpo è il mio tempio, gli asana le mie preghiere.
Ogni asana v’insegna l’arte del silenzio.
Ogni asana è libero. Diffondete ovunque questa libertà. >>
Si può affermare che con Sri B.K.S.Iyengar il linguaggio posturale è
divenuto molto chiaro, molto preciso. Ha fatto chiarezza sugli asana nei
vari gruppi, e sulla loro interazione.
Interazione che diventa
evidente con la nozione di sequenza. Egli ha così creato un intero
alfabeto posturale che ci permette di comprendere la nostra semantica
interna.
Uno degli assi portanti di questa semantica è il concetto
di allineamento, che non è certo semplicemente un allineamento fisico
esteriore, ma che si riferisce all’equanimità (samatva).
Tale
comprensione è facilitata dall’utilizzo dei supporti, che permette di
aprire la pratica a chiunque, con tutto l’aspetto terapeutico che
appartiene a questo approccio.
Si tratta di un dono meraviglioso
all’uomo contemporaneo: ovunque si trovi, qualunque cosa stia facendo,
può, se ne ha il desiderio, avere premonizione della Coscienza. Quando
si esplora il corpo, fondamentalmente si esplora la vibrazione della
Coscienza.
2. Il verbo precede le parole.
<<Perché cantare OM. Om è nel nostro corpo>>
Sri B.K.S.Iyengar è celebre per l’uso del linguaggio all’interno della
pedagogia per descrivere le varie azioni. Se ne serve per avvicinarsi
sempre di più alla istruzione interna, che è non verbale, che è
vibrazione, e quindi mantra.
La descrizione di questa vibrazione
interna nell’azione e nel movimento attraverso il linguaggio è un'altra
sfaccettatura del suo genio.
3. L’osservazione delle diverse colorazioni del mentale nella neutralità.
<< Passato e futuro sono contenuti in ogni postura. Il presente è la postura perfetta>>
L’esplorazione delle diverse forme di asana diventa la lente d’ingrandimento dei vari atteggiamenti mentali.
Il corretto posizionamento e la chiarezza degli spazi nell’asana permettono di incontrare gli antagonismi nella neutralità.
4. Il corpo-mente come espressione del respiro.
<<Quando inspirate, il Signore entra dentro di voi, quando espirate vi abbandonate a Lui>>
Tutti gli asana sono, fondamentalmente, un’esplorazione delle diverse modalità respiratorie.
Sri B.K.S.Iyengar ci ha dato degli efficacissimi strumenti
(privilegiando alcuni asana praticati con i supporti) atti ad esplorare i
vari diaframmi: pelvico, toracico e vocale.
La pratica intelligente degli asana è la condizione sine qua non per accedere alla comprensione delle tecniche del pranayama.
Anche nel pranayama, come negli asana, ha fatto grande chiarezza sulle
varie tecniche, che fino ad allora nei testi erano descritte solo
superficialmente, o non erano descritte per nulla.
Al di là delle
varie tecniche, delle pedagogie che ha trasmesso, e che hanno
influenzato la gran parte delle scuole di yoga contemporanee, e che
guideranno le generazioni a venire, il mio maestro mi appare come un
bhakta che adorava il Supremo nel corpo e nelle diverse espressioni
della vita.
In lui c’erano il fuoco, la passione, l’assoluto, e la
sua arte la insegnava attraverso questo fuoco, questa passione, questo
assoluto. Al suo cospetto ci si trovava sempre in una condizione di
urgenza, nel qui ed ora, che bruciava ogni timore ed esitazione.
Un
giorno, a qualcuno che gli domandava come riuscisse a rimanere tanto a
lungo nelle posizioni, rispose: “voi fate la posizione, io sono la
posizione”. Dietro quegli occhi di brace, dietro quelle sopracciglia
cespugliose, c’era questa maliziosa domanda: Di che cosa hai paura? Che
cosa rischi, poiché tu non sei il tuo corpo-mente?
Il ruggito del leone di Pune è risuonato ai quattro angoli del mondo. Ci ha risvegliato dal nostro torpore e ci ha mostrato che, qualunque siano le nostre circostanze, possiamo anche noi ruggire liberamente. Il suo grido per l'assoluto mi sarà nel cuore fino al mio ultimo respiro.
Omaggio al mio guru, mahasiddha tra i siddha: il suo campo di gioco è l’universo.
Saluto il Guru, che dalla compassione per la mia ignoranza mi ha iniziato allo Yoga.
Gloria al Guru, luce della Coscienza, specchio della mia stessa presenza.
Dhyānamūlam Gurur Mūrthihi La forma del guru è la meditazione
Pūjamūlam Guroh Padam I piedi del guru sono l’adorazione
Mantramūlam Guror Vākyam Le parole del guru sono mantra
Moksha Mūlam Guru Krupa. La grazia del guru è la liberazione
scritto da Christian Pisano