YOGA Ravenna
Paola Salerno

Il silenzio del corpo spesso richiede una pratica di immobilità fisica. Ma stare fermi non significa essere tesi: un'immobilità mantenuta attraverso sforzo e tensione nel migliore dei casi è di breve durata, nel peggiore crea una tale stress psicoficico, che alla fine si è più stanchi di quando si è cominciato.

E' dunque essenziale fin dall'inizio il rilassamento.

Negli Yogasutra, testo radice della disciplina yoga, quando Patanjali parla della postura (asana) più adatta per la meditazione, non si dilunga a descrivere le varie posizioni del corpo, anzi non ne menziona alcuna: dice semplicemente che deve essere sthira (stabile, immobile, ferma, mantenuta a lungo) e sukha (comoda, piacevole).

Il requisito principale é che il corpo sia a suo agio, comodo: non è possibile raggiungere livelli profondi di calma concentrata attraverso uno sforzo teso, perchè così si attua una sorta di pseudo-concentrazione che porta solo a stress. Infatti un corpo costretto a star fermo con un mero sforzo di volontà sviluppa ben presto una tensione che lo rende rigido e irrequieto, vanificando ogni tentavio di coltivare la quiete e il silenzio interiore: sarebbe come combattere per la pace.

Tenere il corpo il più possibile fermo significa non creare stimoli continui che distraggano l'attenzione. Se il corpo resta immobile e rilassato, ce ne dimentichiamo: allora possiamo entrare in una dimensione più raccolta.

Silenzio del corpo significa dimenticare il corpo, il che non è possibile se sono presenti disagi fisici o spostamenti continui: per raggiungere il massimo livello possibile di rilassamento nell'agio, quindi la postura deve essere fin dall'inizio comoda e confortevole.

Patanjali afferma che la postura raggiunge il proprio apice quando diventa ananda (senza fine), ossia quando il gli usuli confini si dissolvono in un'illimitata spaziosità, che coincide con il silenzio del corpo.

Il sorriso segreto dell'essere - Mauro Bergonzi - Oscar Mondadori pag. 53

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